Biografie sintetiche di alcuni anarchici modenesi

Vittorio Masserotti

Vittorio Masserotti nasce a Soliera l’8 maggio 1881 da Francesco e Aldegonda Camurri, cementista-muratore. Aderisce al movimento anarchico in Svizzera, dove si è recato nel 1903 a lavorare e dove rimane fino al 1908, partecipando attivamente alla vita del movimento sindacale locale. Nel settembre 1908 è condannato per “molestie ai muratori non scioperanti”. Tra il 1909 e il 1912 risiede prima in Alsazia e Lorena, da dove è espulso, poi in Lussemburgo e nel Granducato di Baden. Nel luglio 1913, tornato in Svizzera, è arrestato con l’accusa di svolgere propaganda anarchica. Viene espulso dalla Svizzera, e infine fa ritorno in Italia. Giunto a Modena nella seconda metà del 1914, diventa segretario del Gruppo anarchico modenese e membro della commissione di controllo della CdL sindacalista.
Nell’agosto 1915 è chiamato alle armi e assegnato al deposito del 36° reggimento di fanteria di Modena. In considerazione della sua pericolosità, le autorità locali chiedono il suo trasferimento in altra zona e viene destinato allora ad un reparto di stanza in Libia.
Tornato a Modena, nel marzo 1919, riprende il suo impegno nella CdL sindacalista, diventandone presto segretario generale, nonché direttore del settimanale “La Bandiera Operaia”. È anche segretario del Sindacato nazionale dei lavoratori agricoli dell’USI, che ha sede a Modena.
Coinvolto nel furto delle mitragliatrici è condannato a due anni e un mese di reclusione. Uscito dal carcere nel marzo 1922, poco tempo dopo emigra in Francia, aderendo alle organizzazioni anarchiche e sindacaliste di Parigi. In questo periodo è tra gli anarchici italiani più coinvolti nella vicenda delle Legioni Garibaldine del generale Ricciotti Garibaldi.
Rientra di nuovo in Italia alla fine del 1925, sicuramente deluso per le polemiche e la conclusione della vicenda garibaldina: asporta però 4.000 lire dalla Cooperativa di Sartrouville, prelievo che giustifica con l’intenzione di organizzare un attentato contro Mussolini. Si stabilisce prima a Genova e poi a Torino: in quest’ultima città è arrestato e trasferito a Modena, dove il 24 novembre 1926 è condannato a cinque anni dì confino, prima ad Ustica poi a Ponza e Lipari. Liberato nel novembre 1931 per estinzione della pena, torna Modena dove continua ad essere attentamente vigilato. È diffidato nel 1934. Nel 1935 scrive a Mussolini, conosciuto e frequentato in Svizzera anni prima, dichiarandosi “un vecchio libertario” lamentando gli ostacoli frapposti alla sua richiesta di andare a vivere in Africa Orientale. La domanda non è accolta in ragione dei limiti di età fissati per l’emigrazione, ma è però assunto come stradino comunale.
Con alcuni ex socialisti modenesi M. inizia a collaborare come “sindacalista libertario” ad una rivista sindacale di stampo fascista “Giustizia sociale”. Il periodico, organo dell’Unione lavoratori dell’industria di Modena, edito nel 1943-’44, sull’onda dei propositi di socializzazione e di un fascismo che dichiara di voler tornare alle sue origini “rivoluzionarie”, si pone l’obiettivo di rinnovare il sindacalismo fascista attraverso l’elezione dal basso dei dirigenti, il rafforzamento delle commissioni interne ed il riconoscimento del diritto di sciopero. L’esperienza sindacale non raccoglie consensi, non c’è spazio per posizioni che sono inevitabilmente ambigue ed osteggiata dalla Federazione fascista repubblicana viene infine soppressa dal Ministero della cultura popolare che ne ottiene la chiusura e l’arresto di alcuni dei suoi esponenti.
Nel dopoguerra è immediatamente isolato dagli anarchici modenesi che non gli perdonano certi suoi comportamenti. Si ritira definitivamente dalla vita politica trasferendosi in un ospizio. Muore a Modena l’11 ottobre 1950.
 
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